È il momento di parlare di OnlyFans

di | 08 Gennaio 2121

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È finalmente cominciato il 2021.

Se in qualche cassetto impolverato hai un calendario del 2010, puoi riutilizzarlo: come quell’anno anche questo è iniziato di venerdì, e non è bisestile.

Undici anni fa succedevano diverse cose che vale la pena ricordare con un pizzico di tecnostalgia.

Instagram vedeva la luce, così come Pinterest e Quora; il film The Social Network usciva nelle sale cinematografiche, proprio mentre Facebook superava i 400 milioni di utenti; Apple lanciava l’iPad, e Motorola il suo Droid — uno smartphone con tastiera dal vago retrogusto steampunk.

Ma il 2010 fu un anno davvero interessante anche per chi osserva l’innovazione e i media. Il Times of London lanciò il suo primo paywall, che pur attirandosi aspr critiche, sancì l’inizio di un decennio di transizione dei giornali verso un modello di business basato sugli abbonamenti online.

Nel mondo di oggi, i semi digitali piantati nel terreno del 2010 sono arrivati a maturazione: nessuno si scandalizza più per un paywall o se gli viene chiesto di pagare per dei contenuti online; la disintermediazione avviata dai social ha formato una nuova generazione di creator-imprenditori; le audience sono sempre più frammentate in nicchie di appassionati che, con quei creator, stabiliscono un rapporto intimo e diretto.

Ed è con questo auto-assist che arrivo a parlarti del tema di oggi: una piattaforma di cui magari non hai ancora sentito parlare ma che, capitalizzando tutti questi trend, nel 2020 ha vissuto un vero e proprio boom di iscritti e di guadagni, e che è finita pure in una canzone di Beyoncé.

Oggi ti parlo di OnlyFans.

Il fondatore di OnlyFans, Tim Stokely.

Cos’è OnlyFans?

OnlyFans ha tutte le caratteristiche di un social network: dopo avere creato un profilo sul sito puoi pubblicare immagini, video e testi, che saranno visibili ai tuoi follower.

C’è, però, una differenza chiave rispetto agli altri social. Su OnlyFans i follower possono vedere i post di chi seguono solamente a una condizione. E cioè, abbonandosi.

Immagina un Instagram dove al posto del bottone “Segui” c’è il bottone “Paga”; oppure un Substack, solo che al posto delle newsletter ci sono foto e video.

Quando un utente è abbonato, non solo può vedere i contenuti condivisi dal creator, ma anche interagirci tramite commenti e messaggi privati — ed eventualmente lasciare una mancia: l’offerta minima è 5 dollari.

Questo in estrema sintesi è OnlyFans, che oggi conta oltre 100 milioni di utenti registrati (di cui un milione sono creator). L’impressionante tasso di crescita è di centinaia di migliaia di nuovi iscritti al giorno.

Per un influencer, OnlyFans è un modo semplice per monetizzare direttamente la propria fanbase. Il meccanismo è lo stesso di Patreon o di altre piattaforme della cosiddetta passion economy (termine che non mi è mai piaciuto) ma con una componente social e di community molto più strutturata.

Chi utilizza OnlyFans?

Premessa: il sito è stato creato nel 2016 da Tim Stokely, un imprenditore seriale 37enne attivo soprattutto nel mondo della pornografia.

Nel 2014 Stokely aveva fondato Custom4U, un servizio che permetteva all’utente di richiedere un video erotico personalizzato alla propria pornostar preferita.

Così, oggi OnlyFans è popolato soprattutto da sex worker, modelli e modelle di nudo, camgirl e camboys che offrono contenuti esclusivi ai propri follower — ovviamente, solo a quelli che si abbonano.

Aella Jones, una camgirl che grazie a OnlyFans guadagna circa 100.000 dollari al mese, ha spiegato a Bloomberg perché apprezza il sito: “Mi piace il fatto che sia molto più strategico e disconnesso rispetto a una performance dal vivo in webcam, che necessita di più energia e personalità; qui l’interazione quotidiana con i fan richiede uno sforzo molto basso.” (Questa è la sua giornata lavorativa tipo).

Tre star di OnlyFans: Chris Brown, Bella Thorne e Cardi B.

La piattaforma tuttavia è aperta a creator di qualsiasi tipo.

Durante l’estate 2020, la popstar americana Cardi B ha aperto un profilo in cui condivide contenuti dedicati ai fan più accaniti, soprattutto immagini e video di backstage, al costo di 4.99 dollari al mese.

Quello di Cardi B non è un caso isolato: sono numerose le celebrity che, nel corso di un anno tremendo per l’industria dell’intrattenimento live, hanno deciso di tentare la via di OnlyFans: dal rapper Tyga all’attrice Bella Thorne, fino al cantante R&B Chris Brown e alla modella Mia Khalifa.

E poi c’è Beyoncé, che pur non avendo un proprio OnlyFans, ha citato il sito in un pezzo, garantendogli una visibilità globale che ha contribuito al suo hype e a una definitiva ‘normalizzazione’ agli occhi del grande pubblico.

Così, oggi, su OnlyFans stanno cominciando ad atterrare personaggi di varia estrazione e popolarità: comici, musiciste, insegnanti di yoga, ballerine, cuochi, personal trainer e via dicendo. Da ieri, ci sono persino io — ma ti dirò, non ho grandi piani per il futuro.

Per una ristretta cerchia di questi influencer, OnlyFans è diventato un modo per guadagnarsi uno stipendio, che in alcuni rari casi può arrivare fino a dieci o quindici milioni di dollari all’anno. Prima di volare con la fantasia, però, tieni a mente che la stragrande maggioranza dei creator guadagna solo poche centinaia di euro all’anno.

Come su Substack, anche su OnlyFans vale la regola che definisco transumanza digitale: i creator di maggior successo sono quelli che hanno già un proprio seguito su un’altra piattaforma, e che sono in grado di trasportare il proprio gregge da un pascolo all’altro.

Come guadagna OnlyFans?

Semplice: la piattaforma trattiene il 20% di ogni transazione. Molto più di Patreon, che si ferma al 5%.

Per capirci, dei 20 dollari che ogni mese i fan versano a Bella Thorne, 4 finiscono nelle tasche di OnlyFans.

Nel 2020 OnlyFans ha fatto registrare un margine operativo lordo da oltre 300 milioni di dollari, pur avendo redistribuito – afferma Stokely – una media di 200 milioni al mese di introiti ai propri creator. Patreon, invece, chiuderà in perdita.

OnlyFans, che non ha mai ricevuto investimenti, ha bassi costi di gestione (i dipendenti sono solo poche decine) e non deve spendere nulla per produrre o acquisire il contenuto — a differenza di altre piattaforme di subscription come Spotify o Netflix.

Inoltre, non ha quasi bisogno di marketing: il passaparola gratuito generato dai creator, che utilizzano i propri profili su Instagram o TikTok per convogliare traffico verso il proprio OnlyFans, è più che sufficiente.

Per Bloomberg, il sito è un “gigante da un miliardo di dollari nascosto in piena vista”.

Che futuro vedi per OnlyFans?

Se c’è una piattaforma che nel 2020 ha saputo monetizzare al meglio gli elementi chiave della relationship economy – il rapporto uno-a-uno tra star e fan, le micro-nicchie, la privacy interazionale garantita da un ambiente chiuso ed esclusivo – è proprio OnlyFans.

A meno di sorprese, la sua crescita continuerà spedita anche nel 2021; la piattaforma si allargherà verso mercati nuovi (per ora è principalmente una american thing) e a un ventaglio sempre più ampio di creator.

Nel frattempo, poche settimane fa, Vice è diventata la prima media company a inaugurare un proprio canale verificato su OnlyFans — attraverso Munchies, il suo brand editoriale dedicato al cibo.

Una mossa inusuale per Vice, che ha scelto una piattaforma terza per la sua prima avventura nella reader revenue (nessuno dei siti di Vice ha un paywall, e l’azienda si sostiene attraverso la pubblicità e la realizzazione di progetti editoriali in whitelabel per altre aziende).

Per 4,99 dollari al mese, un utente può abbonarsi a Munchies ottenendo in cambio videoricette create esclusivamente per la piattaforma di Stokely, in un format che Vice definisce “più intimo e personale” rispetto a quello che offre sulle altre piattaforme.

Ora, la domanda che ti starai facendo immagino sia la stessa che mi faccio io: perché dovrei spendere la metà di un abbonamento a Netflix per una manciata di video di cucina che posso trovare simili (e gratis) su Facebook o YouTube?

Che questa iper-frammentazione dell’accesso al contenuto non sia sostenibile per tutti, alla lunga, è scontato; la subscription fatigue è già realtà, e anche la bundlizzazione non sembra essere una soluzione in grado di allargare il perimetro del mercato (i nostri soldi, in fondo, quelli sono e quelli restano).

“Quanti paywall sono troppi paywall?” è la domanda da porsi (e credo che lo farò in una delle prossime Ellissi).

Vice dice di essere su OnlyFans “per sperimentare”, spiegando che “ogni piattaforma che cresce alla velocità della luce merita l’attenzione degli editori”. Su questo non ho nulla da eccepire.

Alla prossima Ellissi
Valerio

Ciao, mi presento. Mi chiamo Valerio Bassan e lavoro come consulente di strategia digitale nel mondo dei media e del giornalismo, per clienti italiani e internazionali. Questo post è tratto da Ellissi, la mia newsletter settimanale. Iscriviti qui.

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