Non dirmi di restare calmo

di | 07 Maggio 2021

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“Il nostro principale competitor è il sonno. E stiamo vincendo!”

Era il 2017 quando Reed Hastings, ceo di Netflix, pronunciava questa frase a Los Angeles.

Ho ripensato alle sue parole nei giorni scorsi, mentre guardavo i primi minuti di La guida di Headspace al sonno, una serie dedicata al tema della meditazione e del benessere mentale.

La serie è stata realizzata per Netflix da Headspace – un’app di mindfulness che conta più di 30 milioni di utenti in 190 paesi – in collaborazione con Vox Media.

Fondata dal carismatico Andy Puddicombe nel 2010, l’azienda offre microguide ed esercizi che aiutano gli utenti a rilassarsi, gestire l’ansia e controllare il proprio respiro. Il tutto, comodamente, via smartphone.

Da qualche tempo, però, Headspace si sta reincarnando in una media company a tutto tondo, producendo contenuti tra cui podcast, articoli e video.

Così, mentre gustavo i primi minuti della puntata, mi sono chiesto: ma se il principale competitor di Netflix è il sonno, come dice Hastings, perché la sua piattaforma mi propone un programma che ha l’esplicito scopo di farmi addormentare? Hanno forse deciso di farsi la guerra da soli?

La risposta è molto semplice, e al tempo stesso terribilmente complessa.

La pandemia ha lasciato cicatrici più o meno profonde sulla nostra salute mentale. 

Un anno di lockdown ci ha isolati, aumentando le nostre paure e il nostro livello di ansia. 

L’incidenza del lavoro sulla ‘nuova normalità’ ha fatto il resto — costringendo alcuni all’iperproduttività, relegando altri alla disoccupazione.

A farne le spese, come testimoniano diverse ricerche, sono stati soprattutto le donne, gli anziani e i giovani esclusi dalla socialità scolastica.

Solo in Italia, dice uno studio, rischiamo un milione di nuovi casi di “disagio mentale”.

Ogni causa ha una sua conseguenza.

Così, nell’ultimo anno, il business della mindfulness digitale ha vissuto una crescita esponenziale.

App, serie, corsi e contenuti multi-piattaforma dedicati ai temi della salute mentale e del rilassamento si sono diffusi sempre di più.

Per definire questa tendenza è stato coniato anche un termine: calmtainment, un portmanteau tra calm, calma, ed entertainment, intrattenimento — inserito da Wunderman Thompson tra le parole-chiave del 2021.

In questa nuova industria, che si stima raggiungerà i 2 miliardi di dollari nel giro di un biennio, la guerra per la conquista dell’attenzione sembra essere solamente all’inizio.

Chi c’è in prima linea?

Prendi il principale competitor di Headspace, Calm

Fondata nel 2012 a Los Angeles, solo nel mese di aprile 2020 l’app è stata scaricata da 1.6 milioni di persone, facendo schizzare la valutazione dell’azienda sopra il miliardo.

Calm, va detto, è anche stata la prima a lanciarsi nel mondo dello streaming.

Lo ha fatto l’anno scorso, su HBO, con A World of Calm — una serie di documentari naturalistici brevi e narrati da celebrities come Nicole Kidman, Keanu Reeves, Kate Winslet e Idris Elba. 

Dronate lente di paesaggi mozzafiato e voci suadenti: c’è chi l’ha definita la “versione sotto Xanax” de Il nostro pianeta di David Attenborough.

Per Calm, il cammino nel mondo del contenuto è appena iniziato. Pochi giorni fa l’azienda ha infatti annunciato 
l’assunzione di due figure chiave per guidare la propria strategia editoriale.

La prima, Monica Austin, arriva (guarda caso!) da Netflix, dove per quattro anni ha gestito la promozione delle serie originali. Il secondo, Greg Justice, viene da TikTok, azienda di cui coordinava la programmazione globale dei contenuti.

Due investimenti senza precedenti, o quasi, per un’app di questo tipo.

A Calm, Austin si occuperà del marketing e delle partnership editoriali esterne. Justice, invece, gestirà l’offerta quotidiana dei contenuti e i rapporti con i talent.

Ecco, appunto, i talent.

Come dimostra il caso degli attori di A World of Calm, essere guidati nel rilassamento da voci conosciute, di cui ci si possa “fidare”, ha un suo peso.

Questo è vero anche sulle piattaforme social — dove pure si registra, nell’ultimo anno, una crescita esponenziale di influencer che si occupano di benessere mentale, rilassamento e gestione dell’ansia su YouTube, Instagram e TikTok.

Questi creator di contenuti, che propongono brevi video o reel a metà tra intrattenimento e divulgazione, sono in grado generare una connessione molto forte con le proprie audience.

Sul treno del calmtainment stanno cercando di salire, poco alla volta, un po’ tutti. 

Snapchat ha lanciato una serie di mini-guide di rilassamento, in collaborazione proprio con Headspace.

Apple offre Respirazione, un’app per Watch che aiuterebbe a “ritrovare concentrazione ed equilibrio, guidandoti attraverso una serie di profondi respiri”.

Spotify propone playlist per aiutarci a gestire le emozioni negative come The Stress Buster, Copying With Loss o Feel Good.

Samung Health è una piattaforma che intreccia corsi di fitness a programmi per la gestione del sonno e degli stati d’animo.

E non mancano, ovviamente, i media specializzati. 

Tra questi c’è VeryWell, piattaforma da 38 milioni di visitatori mensili: la sua sezione dedicata al benessere mentale, Mind, ha visto i suoi lettori crescere del 53% durante il 2020. 

Tra le altre cose, il sito propone sessioni di terapia digitale sincrone e asincrone e sta realizzando un ambizioso sondaggio per capire meglio quali impatti la pandemia stia avendo sulla salute mentale delle persone.

Ok, ma ci si può fidare?

Come in ogni mercato-prateria, anche l’hype sul calmtainment mescola cose buone e meno buone, arrosto e fumo.

Nello stesso calderone contenutistico finiscono oggi allenamenti rilassanti, conversazioni sul bipolarismo, frasi motivazionali, pillole ASMR e podcast per la gestione dell’ansia.

Certo, ci sono tante voci valide: creator e siti guidati da competenza e professionalità, dalla voglia di portare un impatto positivo nelle proprie community, dalla genuina volontà di diffondere una nuova consapevolezza attraverso il digitale.

Ed è altrettanto innegabile che la domanda di contenuti dedicati al tema del benessere mentale sia sempre più ampia (i giornali prendano nota).

Tieni sempre a mente, però, che dietro a queste tendenze c’è un forte driver commerciale.

Se ti sembra che improvvisamente le piattaforme si preoccupino di come stiamo, è perché hanno intravisto un’altra ghiotta opportunità per tenerci ancora più a lungo al loro interno.

E l’unico motivo per cui Headspace, Calm e aziende simili stanno investendo nella produzione massiva di contenuti è conquistare nuove fette di un mercato che si è improvvisamente allargato.

“Meet them where they are” è, non a caso, l’obiettivo primario di Morgan Selzer, head of content di Headspace. Andare dove le persone – anzi, gli utenti – sono. Su Netflix, ad esempio.

I contenuti di calmtainment sono un format perfetto nell’era della guerra dello streaming: non scadono mai, hanno una coda lunghissima, si prestano per essere rivisti più volte.

Insomma, è un investimento in cui – per ora – vincono tutti. Poi, chissà.

E tu, hai visto la serie di Headspace? Ti è piaciuta?

Io proverò a finirla, così poi ne riparliamo. 

La prima volta non è andata tanto bene, o forse sì: mi sono addormentato dopo pochi minuti.

 

Alla prossima Ellissi
Valerio

Ciao, mi chiamo Valerio Bassan e mi occupo di media innovation e nuove economie del digitale. Aiuto i miei clienti a creare nuove relazioni con le loro community attravero strategie editoriali, marketing, dati e tecnologia. Questo è il mio sito.

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