Chiedi e ti sarà detto

di | 03 Luglio 2020

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“Se avessi chiesto alle persone cosa volevano, mi avrebbero risposto: cavalli più veloci”.

Potrebbe esserti capitato di ascoltare questa frase durante una riunione, o di leggerla sul powerpoint di un collega.

La citazione è attribuita a Henry Ford, uno dei padri dell’automobile, e il senso è più o meno questo: non devi chiedere ai tuoi utenti qual è la strada giusta per un prodotto di successo, perché non saranno in grado di aiutarti.

Come spesso accade con le business quote, anche questa presenta diversi problemi:

 

  • Secondo. Certo, è vero che Ford contribuì a rivoluzionare il processo produttivo dell’automobile, rendendola un bene accessibile alle masse. Ma non ne è stato l’inventore (e, per inciso, nemmeno il motore a scoppio è stata una sua idea).

  • Terzo. Dopo avere fondato la sua prima azienda, la Detroit Automobile Company, Ford lavorò al progetto di un furgone che perfezionò fino all’ossessione. Una volta reso disponibile sul mercato, però, il mezzo si rivelò un flop commerciale: era lento, complicato da produrre e soggetto a guasti frequenti.

Così, nell’imprenditoria del novecento, ha preso piede un approccio diverso: quello dello User-Centered Design (UCD). 

Chi applica questa metodologia crede che il processo creativo non debba isolarsi dai bisogni e dai feedback degli utenti—ma al contrario coinvolgere i potenziali acquirenti nella progettazione del prodotto, attraverso ricerche di mercato, sondaggi e interviste, sin dalla sua ideazione.

Teorizzato per la prima volta da Don Norman nel 1986, lo UCD ha avuto i suoi oppositori: uno dei più rumorosi è stato sicuramente Steve Jobs, che nel corso della sua carriera ha rimarcato più volte quanto fosse inutile, secondo lui, coinvolgere l’utente nei processi di sviluppo e progettazione. 

Durante un’intervista a Playboy nel 1985, l’ex CEO di Apple disse che il Macintosh era stato costruito “per noi stessi. Il gruppo di lavoro era lo stesso che avrebbe giudicato se [il computer] sarebbe stato all’altezza. Non c’era bisogno di guardare all’esterno, né di fare ricerche di mercato.

Nel 1997 ribadì la sua idea, spiegando a BusinessWeek che “molto spesso le persone non sanno quello che vogliono finché non lo vedono”.

Nelle parole di Jobs c’è un fondo di verità: è difficile ipotizzare che l’iPhone, tra le più grandi invenzioni degli ultimi vent’anni, potesse essere concepito da utenti abituati a telefoni dotati di tastiere di plastica e schermi in bianco e nero.

Ma la sua visione è viziata, secondo me, da un punto di vista privilegiato.

In primo luogo bisogna considerare che i detrattori dello UCD, tra cui Jobs, tendono a prendere in considerazione solamente le innovazioni “dirompenti”: quei prodotti o servizi in grado di rivoluzionare l’industria di cui fanno parte, creando un prima e un dopo nelle abitudini di milioni di consumatori.

Tuttavia, l’innovazione è raramente dirompente: di solito è un processo composto da piccoli passi e da miglioramenti graduali. Il 99% delle aziende non innova lanciando un prodotto rivoluzionario che cambia la storia, ma identificando un’opportunità di business a partire da un’analisi rigorosa del mercato e dei competitor.

In secondo luogo, Jobs poteva contare su un team sterminato di designer e sviluppatori – tra i più talentuosi (e meglio pagati) al mondo – e su un periodo di ricerca e sviluppo molto esteso: la gestazione dell’iPhone, dai primi esperimenti al lancio, durò circa cinque anni. Al mondo, le aziende che possono permettersi di lavorare così a lungo e “al buio” sui progetti si contano sulle dita di una mano.

Per me e per te – visto che non siamo Steve Jobs, e che purtroppo non abbiamo budget colossali per sviluppare i nostri prodotti – lo User-Centered Design è invece uno strumento potentissimo per validare le nostre idee e per scovarne di nuove.

Concludo con un’osservazione.

Lo scopo dello UCD non è quello di chiedere direttamente alle persone “che cosa vogliono”, ma “quali sono i loro bisogni”: quali frustrazioni vivono e quali problemi devono affrontare—nell’intento di capire meglio come possiamo aiutarle a risolverli.

È una differenza sostanziale. Se Ford avesse chiesto alle persone che cosa volevano, queste avrebbero probabilmente risposto “cavalli più veloci”—ovvero, un mezzo di trasporto più rapido che gli avrebbe permesso di muovere merci e persone con facilità, migliorando la propria quotidianità.

In altre parole, e senza saperlo, esprimevano il loro desiderio di possedere un’automobile.

Dall’identificazione del bisogno alla realizzazione, il resto sta a te: cerca di trasformare il feedback degli utenti in un’idea, l’idea in un prototipo – da testare a sua volta – e infine, se tutti gli indicatori puntano nella giusta direzione, in un prodotto finito.

Come ha sintetizzato brillantemente Norman nel suo capolavoro The Design of Everyday Things (in italiano, La caffettiera del masochista), i prodotti di successo sono sempre il risultato dell’incontro tra fattori interni ed esterni: “Usa sia la conoscenza presente nel mondo, sia la conoscenza presente nella tua testa”.

Le persone con cui parli, che sia durante un focus group, attraverso un sondaggio online o al bar sotto casa, lasciano tanti indizi a tua disposizione.

Il tuo lavoro è quello di trasformarli in intuizioni.

 

Alla prossima Ellissi
Valerio

Ciao, mi presento. Mi chiamo Valerio Bassan e lavoro come consulente di strategia digitale nel mondo dei media e del giornalismo, per clienti italiani e internazionali. Questo post è tratto da Ellissi, la mia newsletter settimanale. Iscriviti qui.

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