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di | 27 Marzo 2020

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Le metriche di una pandemia sono uguali per tutti. Ma è il modo in cui usiamo numeri e parole a fare la differenza. 

Il paese con più morti al mondo non è altro il paese che ha conteggiato più morti al mondo.

Il numero dei nuovi contagi avvenuti ieri altro non è che il numero dei nuovi contagi scoperti ieri.

Decidere se dare rilevanza al numero degli attualmente contagiati oppure al numero dei nuovi positivi fa la differenza (a questo proposito, se anche tu come me stai faticando a capirci qualcosa, questo articolo può esserti utile).

Anche quello che scegliamo di non dire – o di non mostrare – dice molto del nostro modo di comunicare: sui siti di Le Monde o Frankfurter Allgemeine Zeitung, per esempio, il numero dei nuovi contagi giornalieri dei rispettivi paesi si affaccia raramente in homepage, e quando lo fa, non è quasi mai nel titolo dell’articolo.

Non fraintendermi. I numeri, nelle emergenze, sono fondamentali. Se possiamo misurare la vastità di un problema, abbiamo anche uno strumento per capire se la nostra strategia sta funzionando.

Ma dobbiamo ragionare sempre sui modi e i termini in cui presentiamo quei numeri e sulle metriche che scegliamo di utilizzare.

Nel marketing ci imbattiamo spesso nel fenomeno del measurability bias: la tendenza a scegliere gli obiettivi che ci risultano più semplici da misurare, o quella a preferire un metodo di rilevazione a un altro perché fa apparire migliori i nostri dati.

A volte siamo anche portati a paragonare due trend diversi perché ci aiuta a sostenere la nostra tesi. Per esempio, sapevi che c’è una correlazione evidente tra il numero di divorzi registrati nel Maine e il consumo pro capite di margarina? O tra il tasso annuo di persone annegate in piscina e la quantità di energia nucleare prodotta negli Stati Uniti?

Ho imparato che chi lavora guardando soltanto ai numeri spesso riesce a generare numeri migliori, ma raramente crea vero valore. È un problema comune a tanti campi, incluso quello del giornalismo, in cui lavoro.

Una delle citazioni con più attribuzioni errate nella storia di internet recita: Non tutto quello che si può contare conta, e non tutto quello che conta si può contare.

Ovvio: se c’è un comune denominatore in ogni emergenza, è che difficilmente abbiamo gli strumenti – o le metriche – giusti per fronteggiarla.

Ricordiamoci sempre, però, che gli aggettivi che scegliamo per descrivere un evento cambiano il modo in cui l’evento è percepito; che le domande che ci poniamo sul presente cambiano il modo in cui affrontiamo la quotidianità.

Di conseguenza anche le metriche che scegliamo di misurare possono fare la differenza tra successo e insuccesso, tra panico e razionalità. 

Ti chiedo: stai misurando le cose giuste?

Alla prossima Ellissi

Valerio

Ciao, mi presento. Mi chiamo Valerio Bassan e lavoro come consulente di strategia digitale nel mondo dei media e del giornalismo, per clienti italiani e internazionali. Questo post è tratto da Ellissi, la mia newsletter settimanale. Iscriviti qui.

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