La società degli snob
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Come fa un sito da 2 milioni di utenti unici al mese a generare 60 milioni di introiti all’anno?
Dobbiamo chiederlo a Highsnobiety, la media company dedicata allo streetwear e ai trend giovanili fondata nel 2005 a Berlino e diventata, col tempo, una vera e propria macchina da soldi.
L’azienda editoriale, nata come un blog, oggi ha oltre 200 dipendenti e sedi anche a Londra, New York, Los Angeles e Milano.
E proprio a Milano, due mesi fa, ha lanciato una collezione di accessori in collaborazione con uno dei bar storici della città, il Bar Basso. Quello, per capirci, dove fu inventato il Negroni Sbagliato.
In vendita ci sono cappellini, magliette, un cavatappi e persino l’iconico bicchiere extralarge che chi frequenta il “Basso” ha imparato a conoscere — il tutto marchiato Highsnobiety.
Per accompagnare il rilascio della capsule collection, la redazione ha pubblicato una serie di articoli ad hoc. Uno di questi raccontava la storia del bar, fondato nel 1947. Un altro illustrava la ricetta per preparare lo sbagliato “perfetto”.
Ognuno dei contenuti, promossi a una community social da oltre 8 milioni di persone (4.6 solo su Instagram), invitava i lettori ad accaparrarsi un pezzo di questo merchandise esclusivo.
Il negozio nato da un blog
Con gli anni “la bibbia dello streetwear” ha compiuto la propria trasformazione da semplice blog a vero e proprio e-commerce, con un focus particolare sul mercato delle sneakers e degli accessori.
Ha saputo creare hype e scarcity attorno a prodotti in edizione limitata, facendo leva sul desiderio di esclusività dei suoi consumatori.
Negli anni ha sviluppato una formula particolare: da una parte una produzione editoriale che si concentra, come dice l’azienda stessa, su what’s new and what’s next, con un taglio amichevole ma anche – appunto – un po’ snob.
Dall’altra, una commistione quasi perfetta di affiliate marketing, vendita di prodotti (per sé stessi o per conto di altri), contenuti sponsorizzati e realizzazione di ricerche di mercato per i brand.
L’evoluzione del modello di business di Highsnobiety, come spesso accade nei media che partono dal basso, è stata incrementale.
Nel 2010 al blog venne affiancata una testata cartacea, con l’obiettivo di attirare l’interesse degli inserzionisti premium.
Nel 2012 cominciò a produrre branded content per marchi di moda, sfruttando il proprio tono di voce e la propria presa sulla community di appassionati.
Nel 2015, in occasione del suo decimo compleanno, l’azienda realizzò per la prima volta una serie di capsule collection in partnership con alcuni famosi marchi come Puma, Mykita e A Bathing Ape — ricalcando il modello dell’iconico Net-a-Porter, che proprio quell’anno si sarebbe fuso con l’italiana YOOX.
Nel 2018, poi, l’arrivo dei primi capitali esterni: 6.9 milioni di euro investiti da Felix Group per assicurarne la crescita.
A quel punto, Highsnobiety si sentì pronta per compiere l’ultimo passaggio: trasformarsi da editore a venditore, creando un commerce media in grado di fondere informazione, intrattenimento e retail.
“Vogliamo integrare pienamente i prodotti all’interno dei nostri contenuti”, spiegò allora il fondatore David Fischer, secondo cui Highsnobiety puntava a “generare il 30% dei suoi guadagni dalla componente commerce entro 5 anni”.
“La grande domanda”, aggiunse, “è una: come possiamo scalare questo modello? Al momento non possiamo girare un nuovo documentario e lanciare un nuovo prodotto ogni settimana”.
La mossa di Zalando
La risposta a quella domanda potrebbe essere arrivata proprio qualche giorno fa, quando la maggioranza di Highsnobiety è stata acquisita da Zalando, il più grande e-commerce digitale di moda in Europa.
La notizia di una possibile vendita era circolata già alla fine del 2021; allora si ipotizzava che l’acquirente potesse essere Bustle Digital Group, editore che già applica il “modello Highsnobiety” alle sue testate di beauty e moda.
Invece a spuntarla non è stata una media company, ma una piattaforma che rivende vestiti — per dirla in gergo, un e-tailer. Ma che se ne fa Zalando di un magazine online?
Lo aiuterà a scalare, appunto. L’e-commerce condividerà con Highsnobiety infrastrutture, capacità logistiche e conoscenza del settore, per aiutarla a superare i suoi limiti “fisiologici”.
Allo stesso tempo, Highsnobiety fornirà il proprio know-how creativo a Zalando, sviluppando contenuti editoriali e condividendo dati e analisi di trend.
Ho chiesto a una che di moda ne sa, Federica Salto, un parere su questa acquisizione.
Federica, Senior Fashion News Editor di Vogue Italia, scrive la newsletter La moda, il sabato mattina ed è stata anche protagonista di una Ellissi di qualche tempo fa.
“I brand – compresi gli e-tailer, che hanno iniziato prima degli altri – ambiscono sempre di più a creare contenuti, a essere percepiti come piattaforme, ad attirare cerchie e a stare al centro delle conversazioni.” mi ha detto Federica.
“Sanno di non poterlo fare solo con il prodotto e per questo hanno bisogno di fornire continui stimoli. Il punto di questo deal – e degli altri simili che verranno, perché verranno – è: Zalando vuole fare l’editore oppure ha necessità di competenze editoriali? Le due cose naturalmente possono coesistere, ma sappiamo che la prima costa molto di più (ed è meno redditizia) della seconda.”
E quindi, come fa un sito da 2 milioni di utenti unici al mese a generare 60 milioni di introiti all’anno?
Be’, verrebbe da rispondere, non certo riempiendo di banner le proprie pagine, ma sviluppando un modello di business perfettamente allineato con i bisogni e gli interessi dei suoi utenti.
In grado, in alcuni casi, di anticipare questi bisogni — o persino di crearli.
In questi anni, la media company berlinese ha saputo ritagliarsi una propria credibilità editoriale, anche pubblicando contenuti ambiziosi (come questo longform sul lavoro nel mondo della moda) e allo stesso tempo mantenere alto il proprio hype presso gli appassionati.
È stata in grado di adattarsi all’evoluzione dei gusti, talvolta anticipandola, e coinvolgere più generazioni: cosa che non è riuscita a realtà ben più grandi come Buzzfeed o Vice, per dirne due.
Forse proprio per questo suo essere verticale e molto product-driven – nel senso più commerciale del termine – Highsnobiety è riuscita a cambiare, ma senza modificare il proprio DNA: come durante la crisi pandemica, quando Highsnobiety ha organizzato la sfilata virtuale Not in Paris.
“Siamo passati dall’essere un sito di informazione a diventare produttori attivi di cultura”, è stata la sintesi del direttore Thom Bettridge.
Ora, però, l’azienda si trova a un punto di svolta. L’acquisizione di Zalando rappresenta un test senza precedenti per Highsnobiety.
Un test che metterà alla prova processi interni, indipendenza decisionale e credibilità presso il pubblico, il quale potrebbe non vedere di buon occhio l’influenza di una piattaforma così potente e così mainstream.
Ne riparleremo tra qualche drop.
Valerio
Ciao, mi presento. Mi chiamo Valerio Bassan e lavoro come consulente di strategia digitale nel mondo dei media e del giornalismo, per clienti italiani e internazionali. Questo post è tratto da Ellissi, la mia newsletter settimanale. Iscriviti qui.
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