Il Corrier3 della S3ra

di | 26 Novembre 2021

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Il 18 novembre scorso è (quasi) accaduto qualcosa di impensabile.

Un’organizzazione virtuale di 17mila persone ha cercato di comprare una delle poche copie originali rimaste della Costituzione Americana, durante un’asta da Sotheby’s.

Questi crypto bros, come li ha definiti Gizmodo, avevano raccolto in pochissimi giorni una somma record, oltre 40 milioni di dollari, attraverso la vendita di token acquistabili in Ethereum.

Per raggiungere l’obiettivo, i 17mila si erano costituiti in una DAO – chiamata ConstitutionDAO -, un’associazione digitale le cui regole sono scritte su uno smart contract basato sulla tecnologia blockchain.

Alla fine, però, gli è andata male: all’asta si è infatti presentato anche Ken Griffin, il miliardario ceo dell’hedge fund Citadel, che è riuscito a battere la concorrenza.

La next economy ha rilanciato finché ha potuto, ma la old economy ha tenuto duro fino in fondo, spuntandola.

La copia della Costituzione americana acquistata da Griffin è uno dei 500 esemplari stampati al termine della convention in cui, nel 1787, un gruppo di politici e giuristi guidati da George Washington aveva scritto l’atto normativo fondamentale della neonata federazione degli Stati Uniti d’America.

Di quelle 500 copie, solo 13 sono arrivate fino ai giorni nostri.

Di queste 13, soltanto una ha avuto la possibilità di finire nelle mani di una DAO.

Chissà se ne sarebbe stata felice.

Ma andiamo con ordine. A cosa serve una DAO?

Le DAO sono organizzazioni digitali autonome e decentralizzate.

Queste organizzazioni consentono a community di utenti di associarsi per raggiungere un obiettivo comune, immagazzinando (cripto)risorse e dotandosi di una propria struttura.

Immagina un mix tra una SRL e un’associazione, dotata di un proprio statuto e di proprie regole, composta da persone che – in molti casi – nemmeno si conoscono. Il tutto 100% online.

Una DAO è facile e veloce da creare – qui c’è una guida in quattro passaggi – e può includere persone da ogni parte del mondo.

I membri di una DAO hanno la facoltà di creare proposte sul futuro dell’organizzazione stessa, per poi votare su ciascuna proposta.

Le azioni di una DAO sono i governance token.

Ogni DAO crea infatti i propri ‘gettoni’, che sono legati al raggiungimento di un determinato obiettivo o all’avanzamento generale del progetto.

Nel caso di ConstitutionDAO, il versamento di 1 ether corrisponde all’acquisizione di 1 milione di token, chiamati $PEOPLE.

Nella maggior parte dei casi il potere decisionale di un membro è proporzionale al numero dei token che possiede.

La cosa interessante, in questo caso, è l’allineamento degli incentivi: ognuno dei comproprietari di una DAO è infatti spinto a votare e approvare proposte che non fanno solo i suoi interessi, ma quelli dell’intera community.

Questo avviene perché se il progetto avanza, cresce e migliora, ogni token aumenterà il suo (ipotetico) valore, e tutti i possessori ne potranno (altrettanto teoricamente) beneficiare.

Proprio per questo loro intreccio tra idealismo e finanza, le DAO sono state definite “the ultimate combination of capitalism and progressivism”.

Secondo la società di investimento Andreessen Horowitz, queste organizzazioni avranno un impatto enorme sulla prossima fase di internet: il web3.

Il webche?

Il webtre. Tre punto zero, per essere pignoli.

Il web 1.0 era quello degli inizi, basato sulla democratizzazione dell’accesso all’informazione.

Il web 2.0 è il web di oggi, quello delle reti sociali e delle piattaforme che si spartiscono soldi e potere.

Il web 3.0, invece, è l’idea ambiziosa che possa esistere un internet migliore e più equo, in cui gli utenti-creator riusciranno finalmente a riconquistare, almeno in parte, quei soldi e quel potere.

Più che un’idea concreta, però, il web3 è ancora un ideale — spinto su Twitter e su Discord da cripto-entusiasti al grido di “We The People”. Anzi, “we the peopl3”.

{Esatto: le prime tre parole della costituzione americana.}

Le DAO e il giornalismo: un’ipotesi

Di questi tempi, il confine tra idea e buzzword è sorprendentemente sottile. Meglio, quindi, mantenere una certa dose di scetticismo.

Ma se mai ci sarà davvero un web3, le DAO ne saranno senz’altro uno degli elementi fondativi.

E il loro unico scopo non sarà quello di acquistare pezzi rari, come la Costituzione americana o l’unica copia fisica esistente di un disco del Wu-Tang Clan. Tutt’altro.

Le DAO sono infatti già state utilizzate per formare fondi di investimento, per avviare raccolte di beneficenza e per finanziare idee innovative.

In un caso, quello di mirror.xyz, una DAO è stata usata per costituire e governare una media company — in cui i daoisti (mi perdonerai il neologismo) votano quali contenuti e autori sono più meritevoli di essere pubblicati.

L’interessante esperimento di Mirror risponde a una necessità: quella di un giornalismo più decentralizzato, più lontano dal controllo dei centri del potere politico ed economico.

Proprio come il fenomeno dell’unbundling dei media, di cui ti ho già parlato, anche Mirror è una reazione alla crisi istituzionale e di fiducia che ha colpito le testate negli ultimi vent’anni.

Pensaci: già oggi molte testate fanno vanto di avere i lettori come “unici proprietari” e di non rispondere agli interessi di nessuno.

E se il web3 fosse l’infrastruttura necessaria affinché questa missione diventasse qualcosa di più di una frase mezza vuota e si trasformasse in una realtà operativa concreta?

Un giornale potrebbe davvero funzionare nel momento in cui i suoi fruitori, e destinatari, ne detengono il pieno controllo? Non lo so, ma non vedo perché non si dovrebbe tentare.

Sento già il rumoreggiare dagli spalti.

Ma ricordo a tutti che viviamo in un paese dove un giornale si dichiara come l’organo di stampa del Partito Monarchico Italiano pur di ricevere ogni anno milioni di euro di finanziamenti pubblici.

Cosa può davvero andare più storto di così?

Non so se nel 2050 R3pubblica verrà finanziata da GeDAO, oppure se le scelte editoriali del Corrier3 della S3ra saranno prese da un gruppo di cofinanziatori in possesso di token RC$. Non lo so.

Ma penso che se i vecchi modelli di business sono stati l’errore fondamentale che ha portato al collasso di un certo tipo di media company tradizionali, allora magari la diffusione di nuovi modelli, più frammentati e decentralizzati, potrà essere almeno in parte la soluzione al problema.

Alla prossima Ellissi
Valerio

PS. E com’è finita la storia di ConstitutionDAO? Be’, non benissimo. È successo prima lentamente e poi tutto d’un tratto.

Ciao, mi presento. Mi chiamo Valerio Bassan e lavoro come consulente di strategia digitale nel mondo dei media e del giornalismo, per clienti italiani e internazionali. Questo post è tratto da Ellissi, la mia newsletter settimanale. Iscriviti qui.

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