Di Metaverso e Mediaverso

di | 03 Settembre 2021

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Nella lunga classifica delle immagini perturbanti di questo 2021 ce n’è una che senz’altro, secondo me, meriterebbe il podio.

Parlo del video in cui Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, surfa un’onda a bordo di una tavola a propulsione, quasi sospeso in aria, reggendo una bandiera americana.

Mentre sullo sfondo il sole tramonta e scorrono le note di Take Me Home, Country Roads.

Se non te lo ricordi, be’, eccolo qui.

Era la mattina del 4 luglio, la festa dell’Indipendenza degli Stati Uniti.

Il giorno prima, la rottura improvvisa di un oleodotto sottomarino aveva causato la comparsa di un gigantesco ‘occhio di fuoco‘ nel golfo del Messico.

La California, come me la immagino oggi.

Se solo mi ricordassi più spesso quello che sogno, non sarei sorpreso di trovare quest’immagine tra i miei incubi ricorrenti.

Niente di troppo personale con la musica di John Denver, né con i tramonti: è che non amo i nazionalismi, e nemmeno gli sport acquatici.

E pur apprezzando la natura e rispettando gli hobby perversi di tutti, vedere un multi-miliardario cavalcare il suo ultimo giocattolone mentre l’oceano è in fiamme, non mi fa propriamente urlare “Buon 4 luglio anche a te, Zuck!”.

Poche settimane dopo ho provato una sensazione molto simile – definiamolo un uncanny feeling, va – ascoltando lo stesso Zuckerberg parlare del futuro di internet e della sua azienda.

Intervistato dal buon Casey Newton in un podcast, Zuck raccontava di avere trovato un nuovo hobby-ettivo: trasformare la sua Facebook, una “social media company”, in una “Metaverse company”.

Siccome è da un po’ di mesi che approfondisco il tema, sentirlo nominare da uno dei surfisti più patriottici della Silicon Valley non mi ha sorpreso, ma mi ha incuriosito.

Il Metaverso sarà “il successore del mobile internet”, gli si sente dire nell’intervista, “un internet incarnato in cui non vedremo semplicemente il contenuto, ci troveremo al suo interno”.

Cos’è, dunque, questo Metaverso? 

È proprio di quest’idea che oggi voglio parlarti, un’idea che potrebbe riguardare non solo i mogul della Silicon Valley, ma anche il mondo dei media, e in fondo, ciascuno di noi.

E quindi, andiamo con ordine, partendo dalla cosa più difficile di tutte.

Definire il Metaverso

Quello del Metaverso non è un concetto nuovo, anzi — è stato coniato nel 1992 dallo scrittore Neal Stephenson, nel suo romanzo di science fiction Snow Crash.

Nel libro, Stephenson utilizza il termine per definire una realtà virtuale in cui il personaggio principale, Hiro Protagonist, stringe amicizie, combatte i nemici ed effettua acquisti attraverso il proprio avatar.

Nell’accezione comune, il Metaverso è proprio questo: uno scenario in cui tutti siamo rappresentati dai nostri avatar, in cui tutte le esperienze sociali avvengono in uno spazio virtuale condiviso, cui accediamo tramite device ‘aumentati’ che sfumano sempre più i confini tra fisico e digitale.

Pensa al Metaverso come a un’evoluzione di Sim City, in cui Sim City però non è un gioco, ma una realtà immersiva in cui possiamo accedere a servizi a noi utili, assistere a un concerto, provare e acquistare un vestito o un’opera d’arte, lavorare con i nostri colleghi.

Oppure, ancora meglio, pensa a Fortnite, forse la cosa più somigliante oggi a un Metaverso — ma ci arriviamo tra poco.

Per molti, incluso Zuckerberg, il Metaverso è il prossimo step evolutivo di internet: avrà i suoi protocolli condivisi, le sue strutture, e le sue tecnologie (in primis realtà aumentata e virtuale, ma non solo).

La cosa più interessante, secondo me, sono le caratteristiche strutturali di questo nuovo spazio condiviso. Vediamole insieme.

Le caratteristiche del Metaverso

È presto, ovviamente, per capire come sarà davvero e come funzionerà il Metaverso. Sempre che ci arriveremo.

Ma ci sono alcune caratteristiche, utopistiche, che sembrano dominare la conversazione tra gli enthusiast dell’argomento.

Quelle fondamentali, per me, sono tre. Il Metaverso sarà, o dovrebbe essere:

● Sempre acceso. Chiunque potrà entrare nel Metaverso, immergersi al suo interno, e accedere a ‘contenuti’ o ‘esperienze’ offerti da un miriade di creator, piccoli e grandi. Lo spazio-tempo metaversico sarà sempre aperto e accessibile: non avrà un inizio e una fine prestabiliti. Al suo interno proveremo, come mai prima, un senso realistico di compresenza digitale.

● Decentralizzato. Il Metaverso non sarà di proprietà di nessuno. Dovrà avere un proprio ‘sistema operativo’ privo di strutture piramidali, ma retto da tanti nodi decentralizzati le cui regole verranno stabilite in modo orizzontale dalla community degli utenti. Le aziende agiranno al suo interno come agiscono all’interno di qualsiasi mercato.

Economicamente innovativo. Il Metaverso avrà una propria struttura economica che si reggerà su smart contract, blockchain e criptomonete. Tutto quello che sta succedendo nel mondo delle membership, ma anche con gli NFT (Non Fungible Token) e le DAO (Decentralized Autonomous Organization) andrà a confluire all’interno del Metaverso per garantirne la funzionalità economica, bypassando le istituzioni centralizzate.

Assaggi di Metaverso, oggi

Una delle caratteristiche chiave del Metaverso ideale è la condivisione di esperienze in tempo reale.

In questo senso, il settore oggi più metaversico è quello del gaming online, dove gli utenti-avatar costruiscono mondi virtuali, esperendoli poi all’interno della piattaforma.

Tim Sweeney, ceo di Epic Games, è uno dei principali proponenti del concetto di Metaverso.

Proprio su Fortnite, il gioco di punta della casa americana, abbiamo avuto qualche assaggio di cosa potremo aspettarci: dal concerto virtuale di Travis Scott, vissuto in prima fila da milioni di persone ognuna a casa propria, ai kit merchandising di J Balvin acquistabili all’interno del gioco.

Ancora più in là si spinge Roblox, che è arduo definire semplicemente ‘videogioco’. Roblox è infatti una piattaforma che permette di “immaginare, creare e giocare insieme in mondi 3D immersivi e generati dall’utente”.

Tutto, su Roblox, è creato dai giocatori stessi. O meglio, dai loro avatar virtuali.

Un’altra frontiera interessante è quella del lavoro. E qui torniamo a Facebook, che ha da poco lanciato Horizon Workrooms, una piattaforma in beta che permette di effettuare riunioni in cui i partecipanti sono avatar tridimensionali seduti allo stesso tavolo (all’inaugurazione, a quanto pare, c’ero anch’io!), e cui si accede utilizzando il visore di Oculus.

In questo caso l’esperienza appare ancora poco realistica, e il senso di compresenza è limitato, ma è sicuramente una delle possibili idee sul tavolo (assai reale, in questo caso) delle aziende che stanno giocando con l’idea del Metaverso.

L’economia del Metaverso

Per quanto mi riguarda, comunque, l’aspetto più interessante di questa – interessante? terrificante? che ne pensi? – tecno-utopia è legato alla sua dimensione economica.

Lo dico da appassionato con i ferri del mestiere: l’idea che si possa costruire una piattaforma virtuale interconnessa che privilegi la proprietà collettiva, la decentralizzazione finanziaria e il community rewarding è sicuramente intrigante.

In un certo senso, vedo il Metaverso come il punto di arrivo di una serie di forze dirompenti già in essere: dagli NFT ai DAOs, dalle crypto al Web3 — i pezzi del puzzle sono, in buona parte, già tutti lì.

Se mi è ancora concesso sperare in qualcosa di buono nel digitale, allora vorrei che il Metaverso fosse in grado di offrire la possibilità a singoli individui o a collettivi di creator di creare liberamente, di sostenersi e di prosperare, operando in un ecosistema basato sulla trasparenza e sulla fiducia.

C’è già chi l’ha definita Direct-to-Avatar Economy (D2A), un’evoluzione dell’economia Direct-To-Consumer (D2C).

Come ha spiegato Ryan Gill, CEO di Crucible, “così come l’economia D2C ha smaterializzato la filiera del 40%, permettendo a interi nuovi business di nascere e prosperare, l’economia D2A frammenterà il restante 60%, consentendo a brand e creator di vendere direttamente agli avatar”.

Un po’ come succede, già oggi, su Roblox e Fortnite.

Dal Metaverso al Mediaverso

Infine, non posso non spendere qualche riga parlando del mondo che più mi sta a cuore: quello dei media.

Se esisterà un Metaverso, esisterà anche un Mediaverso: nello stesso spazio in cui condivideremo esperienze legate allo shopping o al gaming, avremo la possibilità di aprire la porta a un giornalismo più immersivo, partecipato e informativo.

Non è così irrealistico pensare che lo sviluppo tecnologico dei prossimi dieci anni ci traghetterà dalle bolle dell’infosfera alle galassie aperte del mediaverso, offrendoci la possibilità di comprendere meglio e imparare anche quello che succede nel nostro pianeta ‘reale’.

Se avremo la possibilità di esperire il mondo e l’attualità in prima persona, beneficiando da interconnessioni nuove, forse saremo in grado di sviluppare maggiore empatia verso gli altri.

E magari, nel Mediaverso ci sarà la possibilità di costruire una filiera produttiva del contenuto più equa, in cui tutti i creator saranno ricompensati per il valore che generano, e in cui tutti gli utenti potranno sostenere in modo semplice e trasparente le fonti di notizie che reputano più valide e vicine ai loro bisogni.

Una unica, grande membership umana, basata su alcune virtù fondamentali condivise dalla community. Ah, che piacevole lucida follia.

Alla prossima Ellissi
Valerio

Ciao, mi presento. Mi chiamo Valerio Bassan e lavoro come consulente di strategia digitale nel mondo dei media e del giornalismo, per clienti italiani e internazionali. Questo post è tratto da Ellissi, la mia newsletter settimanale. Iscriviti qui.

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