Il videogioco da 2500 anni

di | 18 Settembre 2020

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Ciao,

non so quanto ti piacciano gli scacchi. Io vorrei saperci giocare, lo ammetto.

Per il momento mi accontento di leggere libri bellissimi che ne parlano, tipo questo.

Ora, la notizia è la seguente: nessuno ha mai giocato tanto a scacchi come in questo momento.

E per mai intendo mai, nella-storia-dell’umanità. 

Al mondo ci sono, confermano varie stime, oltre 600 milioni di giocatori attivi: un tredicesimo della popolazione mondiale.

In breve: un gioco inventato in India 2500 anni fa è diventato più popolare di Fortnite.

Ok, ma come?

La risposta è complessa, ma te la riassumo in una sillaba: Twitch.

Twitch esiste dal 2011, ma è solo a partire dal 2015 che gli appassionati di scacchi hanno iniziato a darsi appuntamento sulla piattaforma viola di proprietà di Amazon: chi per giocare, chi per imparare e chi, semplicemente, per osservare.

Ti dò un solo dato: nel 2020, su Twitch, sono già state guardate oltre 38 milioni di ore di scacchiere in streaming.

E al centro di questa crescita c’è una persona, soprattutto. Stavolta di sillabe me ne servono sette: Hiraku Nakamura.

Nakamura non è un novellino: a soli 15 anni ha ricevuto il titolo di “Grande Maestro”, il riconoscimento più alto che possa essere attribuito a un giocatore di scacchi. 

Nel 2020 ha sfidato il campione del mondo, il norvegese Magnus Carlsen, pareggiando la partita.

Per cinque volte ha vinto i campionati americani, ed è stato a lungo tra i dieci giocatori di scacchi più forti del pianeta secondo la FIDE. 

Ora è scivolato un po’ più indietro.

Nel mondo virtuale, però, non ha rivali: ben 12 milioni di ore di streaming sono state consumate sul canale di Nakamura, GMHikaru — con picchi da 45,000 viewer alla volta.

Dal 2019, Nakamura offre ai suoi iscritti circa trenta ore di partite alla settimana.

Qual è il segreto del suo successo?

Per cominciare, Nakamura è bravo e conosciuto. Ma soprattutto, è un intrattenitore.

Dimenticati l’immagine del giocatore di scacchi teso, silenzioso e concentrato solo sulla scacchiera. 

Nakamura parla spesso, ride in continuazione e soprattutto ha imparato a masticare il gergo di internet: ogni suo video, per esempio, è introdotto da uno o più fotomontaggi e meme di cui è lui stesso il protagonista (vedi sopra).

La sua popolarità lo ha portato a sfidare altri twitcher famosi come xQc, forsen, o NymN: partite che Nakamura gioca spesso bendato e senza utilizzare la regina. E che, ovviamente, vince.

Insomma, guardarlo è divertente.

Ma non è solo Nakamura il segreto di questo rinascimento digitale degli scacchi.

L’elevazione del gioco dei re a un fenomeno virtuale nel corso degli anni è dovuto a una serie di concause.

Uno, la presenza di un’infrastruttura (Twitch) e di un software (Chess.com) che si integrano a meraviglia. 

Due, la nascita di personaggi in grado di aggregare tante diverse microcommunity dedicate agli scacchi, con le loro norme culturali e le rispettive sfere di influenza.

Tre, il fatto che gli scacchi, con i loro tempi lunghi, si adattano perfettamente alla dimensione ibrida tra agonismo e intrattenimento propria dell’online gaming.

Cosa ci insegna questa storia?

Dagli scacchi puoi imparare qualche lezione di strategia digitale.

In primis, che non sempre è necessario cambiare il prodotto, se puoi far evolvere l’ecosistema che ci sta intorno.

Talvolta è sufficiente azzeccare la scelta del canale per rinnovare completamente una brand story. Canali nuovi possono dare linfa nuova, avvicinarci a un nuovo pubblico.

Dove un prodotto viene venduto influenza il modo in cui è percepito: se si giocasse a scacchi solo in club privati o in sale giochi staremmo a raccontare un’altra storia, quella di un gioco vecchio e morente.

Oggi, grazie all’online gaming, la storia degli scacchi si è arricchita di un nuovo linguaggio, veicolato da personaggi finalmente accessibili (a differenza dei Kasparov del passato), e di un senso di comunità e riscoperta che viaggia ai poli opposti del pianeta.

Per molti spettatori virtuali, più che il gioco in sé è infatti la personalità del gamer a contare: la transizione da digitale e fisico è spesso una transizione d’esperienza.

E l’intrattenimento, nell’esperienza, è il re.

In secondo luogo, questa vicenda ci insegna che la tecnologia in sé non è mai il problema (né la soluzione). La differenza è nell’utilizzo che ne facciamo.

Per anni, la narrativa dominante è stata questa: l’avanzamento tecnologico ucciderà il gioco degli scacchi, l’intelligenza artificiale permetterà a chiunque di diventare un genio della scacchiera.

E poi non ci sarà più partita: se un processore IBM è in grado di battere il più forte di tutti, perché continuare a giocare?

E invece la tecnologia, oltre che un potente alleato nella nuova popolarità degli scacchi, è diventata anche un mezzo per renderlo più attuale: l’AI oggi è usata per sviluppare nuovi pattern di gioco e nuove mosse ad altissimo coefficiente creativo.

Concludo con una riflessione a margine.

Se ti occupi di strategia digitale non devi tenere gli occhi troppo fissi sulla scacchiera: non tutte le mosse a tua disposizione ricadono all’interno del tuo recinto di osservazione. I fattori esterni, se sei in grado di captarli, possono diventare veri game changer.

Devi pensare fuori dalla scatola, come il comico Emo Philips: “Una volta un computer mi ha battuto a scacchi. Ma con la boxe thailandese non c’è stata partita.”

 

Alla prossima Ellissi
Valerio

Ciao, mi presento. Mi chiamo Valerio Bassan e lavoro come consulente di strategia digitale nel mondo dei media e del giornalismo, per clienti italiani e internazionali. Questo post è tratto da Ellissi, la mia newsletter settimanale. Iscriviti qui.

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